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Licenziamento per assenza ingiustificata: disciplina e procedura

Quando un dipendente si assenta ripetutamente dal lavoro senza produrre alcuna giustificazione valida, l’azienda può procedere alla contestazione di tale comportamento, la cui gravità può legittimare anche un licenziamento per giusta causa per assenza ingiustificata.

È legittimo il licenziamento del dipendente che non giustifica tempestivamente al responsabile dell’azienda i motivi che lo costringono ad assentarsi dal lavoro: lo ha ribadito la Corte di Cassazione, Sezione lavoro, con la sentenza n. 10855/2020, riaffermando il principio per il quale se il lavoratore non comunica adeguate giustificazioni della propria assenza, tale condotta può condurre ad un licenziamento legittimo.

In tal caso, sul datore di lavoro grava l’onere di provare l’assenza del dipendente, mentre grava su quest’ultimo l’onere probatorio in relazione agli elementi che possano giustificarla.

Assenza ingiustificata: proporzionalità e legittimità del licenziamento

Nel corso del rapporto di lavoro può accadere che il dipendente si assenti dal servizio per cause legittime  come ferie e permessi retribuiti, malattia, gravidanza, infortuni e permessi ex legge 104/92. Inoltre, esistono casi in cui talune assenze vengono giustificate – anche se non retribuite – in presenza di permessi per la malattia di un figlio, aspettativa per cariche pubbliche o sindacali, per lavoratori tossicodipendenti o loro familiari e congedo non retribuito per gravi motivi personali.

Tuttavia, qualora il dipendente si assenti senza comunicare al datore di lavoro una valida motivazione e senza la possibilità di presentare documenti o certificati a sostegno delle proprie ragioni, tale comportamento viene considerato dall’ordinamento come un illecito disciplinare: di conseguenza, a seconda delle previsioni dei contratti collettivi e dei singoli codici disciplinari, potrà essere soggetto a pesanti conseguenze, fino ad arrivare, nei casi estremi, al licenziamento per giusta causa.

Infatti l’azienda, previo obbligatorio espletamento di una procedura di contestazione, può sanzionare il dipendente assente in maniera ingiustificata con ammonizione scritta, multa, sospensione, trasferimento e, infine, licenziamento: in tal caso, il giudice eventualmente adito dovrà accertare in concreto la reale entità e gravità delle infrazioni addebitate al dipendente e il rapporto di proporzionalità tra quest’ultime e la sanzione irrogata.

Normalmente, il numero massimo di assenze ingiustificate oltre il quale può scattare il licenziamento viene stabilito dai contratti collettivi: tuttavia, la Cassazione ha ribadito più volte che tale limite non risulta vincolante per il datore di lavoro e – di conseguenza – per il giudice. Infatti, secondo la Suprema Corte, tale parametro non può influire sulla valutazione in merito alla gravità della condotta del dipendente, la quale può pertanto condurre al licenziamento anche in presenza di un numero inferiore di assenze rispetto a quelle previste dal contratto collettivo applicato.

In caso di licenziamento per assenza ingiustificata, per il dipendente non è possibile addurre come giustificazione di tale comportamento la mancata conoscenza della sanzione disciplinare a causa dell’assenza del relativo codice nel luogo di lavoro: sul tema, infatti, la Cassazione ha più volte affermato che l'assenza ingiustificata, in particolare se protratta nel tempo, configura una condotta contraria ai doveri fondamentali del lavorare e, di conseguenza, una violazione dell'obbligo  minimo che si assume con la firma del  contratto di prestazione  lavorativa stipulato con il datore di lavoro.

Il licenziamento disposto per l’assenza ingiustificata del lavoratore dal servizio, ex art. 5 della L. 604/1966, rientra nell’ambito dei cd. licenziamenti disciplinari, potenzialmente anche tra quelli disposti per giusta causa, ovverosia dovuti a comportamenti talmente gravi ad opera del dipendente da minare il vincolo fiduciario posto alla base del rapporto di lavoro ed impedirne così la prosecuzione.

La procedura disciplinare

Qualora l’assenza del dipendente sia tale da legittimare la risoluzione del contratto, il datore di lavoro è tenuto a comunicare il licenziamento in forma scritta, indicando i motivi alla base della decisione, la condotta tenuta dal dipendente e le eventuali giustificazioni da questi addotte.

Nel caso in cui la gravità della condotta risulti tale da non consentire la prosecuzione del rapporto, il datore di lavoro ha la facoltà di disporre un licenziamento per giusta causa, ex art. 2119 c.c., per il quale al dipendente sanzionato da tale provvedimento disciplinare non è dovuto alcun preavviso: pertanto, il rapporto si considera cessato a partire dal giorno della contestazione dell’addebito ovvero, a discrezione dell’azienda, dal momento in cui il dipendente riceve la lettera di licenziamento.

Se invece il comportamento del dipendente è tale da far rientrare l’assenza ingiustificata nella fattispecie del licenziamento per giustificato motivo soggettivo, è necessario che tra la data di contestazione o comunicazione dell’addebito e l’ultimo giorno di lavoro del dipendente sia trascorso il cd. periodo di preavviso, definito dal singolo contratto collettivo applicato.

Il mancato rispetto di tale periodo comporta l’obbligo in capo all’azienda al riconoscimento dell’indennità sostitutiva, il cui ammontare corrisponde alla retribuzione che il dipendente avrebbe dovuto percepire nel periodo compreso tra la data del licenziamento e l’ultimo giorno di lavoro, qualora il preavviso fosse stato concesso.

Il dipendente ha la facoltà di presentare documenti e scritti in sua difesa e/o chiedere di essere convocato e ascoltato, anche accompagnato da un sindacalista: in tal caso, l’azienda non potrà irrogare sanzioni fino a quando l’audizione non sarà terminata. In seguito, il datore di lavoro comunicherà l’esito del procedimento disciplinare al dipendente, provvedendo ad irrogare la sanzione qualora non accetti le giustificazioni da esso fornite.

La valutazione in merito alla proporzionalità della sanzione viene fatta sia sulla base di criteri oggettivi, in considerazione delle mansioni svolte dal dipendente e dalla conseguente entità del danno arrecato all’azienda dalla sua assenza, sia soggettivi, valutando le cause che hanno portato il lavoratore a non adempiere ad un suo obbligo contrattuale e tenendo conto del comportamento tenuto prima, durante e dopo la commissione dell’illecito. 

La lettera di contestazione per assenza ingiustificata

Prima di poter disporre qualunque sanzione disciplinare, l’azienda deve tempestivamente specificare al dipendente i motivi che hanno portato al licenziamento per assenza ingiustificata attraverso la cd. lettera di contestazione, riportando esattamente la descrizione del comportamento ritenuto scorretto, oltre alla data e all’ora in cui esso si è verificato.

Il dipendente ha 5 giorni di tempo, a partire dalla data in cui ha ricevuto la lettera, per esporre al datore di lavoro i motivi per i quali non si è presentato al lavoro.

Sul tema è opportuno sottolineare come non sia previsto un termine perentorio entro cui l’azienda risulti tenuta a far pervenire al dipendente la lettera di contestazione per l’assenza ingiustificata: tuttavia, è comunque necessario che ciò avvenga in modo tempestivo, riconoscendo al lavoratore interessato il tempo necessario ad esercitare il proprio diritto di difesa.

Sul tema in questione, la Cassazione ha evidenziato più volte l’obbligo per l’azienda di rispettare i principi di immediatezza e tempestività, correlati a quello della relatività, il quale si traduce nella valutazione specifica del singolo caso concreto a seconda delle circostanze. La Suprema Corte ha stabilito che far pervenire tardivamente una lettera di contestazione per assenza ingiustificata del dipendente può essere ritenuto, in base alle circostanze del singolo caso, un vizio procedurale, idoneo a determinare l’obbligo per l’azienda a riconoscere un indennizzo al lavoratore coinvolto, oltre al suo reintegro in azienda, qualora sia stato licenziato[1].

Puoi scaricare qui un modello di lettera di licenziamento per assenza ingiustificata.

 

[1] Con la sentenza n. 1319 del 19.01.2017, la Cassazione ha disposto il reintegro di un lavoratore dovuto alla mancata tempestività da parte dell’azienda nel far pervenire la lettera di contestazione al dipendente.

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